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Lustra – Moio della Civitella

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Patrimonio culturale

Storia

Il Comune di Vallo, che dopo l’unità d’Italia ha assunto la denominazione di Vallo della Lucania, nacque nel 1809 dall’unione dei due casali contigui di Cornito (o Cornuti) e Spio, che si fusero in un unico centro urbano, con l’aggregazione di Angellara, Massa e Pattano, tutti prima rientranti nello Stato di Novi. Cornito e Spio erano separati da un piccolo corso d’acqua in parte poi ricoperto nel tratto dell’attuale piazza Vittorio Emanuele II.

Il nome Vallo e Vallo di Novi ricorre a partire dal XVII secolo, quando si cercò di sostituirlo, senza peraltro riuscirvi, all’originario Cornito divenuto Cornuti. Si diffuse allora la denominazione di Corinoti (o Cori noti, come allusione alla sincerità di cuore) ed una serie di false etimologie cercando di ricollegarne le origini ai militari romani detti Cornicularii. In realtà, come molti altri toponimi cilentani, deriva dal nome di una pianta, il corniolo, e trova altre attestazioni nel territorio circostante.

Grazie alla lavorazione della seta e del cuoio e l’istituzione del mercato, Vallo divenne un centro prospero. Dal 1811 al 1860 fu capoluogo dell’omonimo distretto del Regno delle Due Sicilie e sede di Sottointendenza e di Consiglio Distrettuale.

Nel 1850 vi fu istituito il Tribunale e nel 1851 la sede della Diocesi. Nei moti risorgimentali antiborbonici del 1820-21, del 1828 e del 1848 Vallo ebbe un ruolo di primo piano.

Oggi Vallo della Lucania si contraddistingue come una cittadina che riveste una funzione primaria per tutti i servizi per un’ampia area del Cilento.

Poco a monte dell’abitato di Vallo della Lucania è ubicata Massa, che preserva l’impianto tipico e l’architettura dei borghi del medio Cilento: dimore storiche costruite con la pietra del luogo si alternano a suggestive stradine e vicoletti che si incrociano in piccoli slarghi.

Archeologia

All’interno del territorio di Pattano sono state rinvenute alcune importanti evidenze archeologiche.

In occasione di lavori di restauro effettuati nella chiesa di San Filadelfo, sita all’interno del complesso abbaziale basiliano di Santa Maria, sono venuti alla luce resti che suggeriscono una frequentazione più antica.

Ad epoca probabilmente romano-imperiale si riferiscono i resti di un impianto termale, forse pertinenti ad una villa rustica. La presenza di una terma è indiziata da alcune strutture: un praefurnium a pianta quadrangolare e un calidarium, sotto la cui pavimentazione sono state rilevate delle suspensurae, ovvero delle colonnine che sorreggevano il piano pavimentale, definendo uno spazio ipogeo funzionale al sistema di riscaldamento.

Per quanto riguarda le fasi successive, le testimonianze sono legate principalmente a sepolture tarde, i cui corredi (fra cui anche magistrali manufatti di oreficeria) sono databili fra la fine del VI e gli inizi del VII sec. d.C.

Questi resti sono attualmente visibili grazie ad un’apposita passerella realizzata con lastre di vetro, che consente di osservare gli ambienti sottostanti il piano pavimentale della chiesa di San Filadelfo.

Altra importante evidenza archeologica del territorio di Pattano si trova in località Chiusa delle Grotte, situata a poca distanza dalle strutture della badia in direzione del torrente Badolato. Qui, in un’area dolcemente digradante verso il piccolo corso fluviale, zona ricca d’acqua e caratterizzata oggi da una ricca vegetazione, si impiantò probabilmente nel corso del IV secolo a.C. un nucleo abitativo, di cui è stata parzialmente indagata l’importante necropoli.

L’area sepolcrale di Chiusa delle Grotte si caratterizza per la presenza di tombe monumentali, realizzate in grandi blocchi di pietra locale: queste tombe di rilievo rientrano nella tipologia “a camera” coperte con blocchi di pietra a doppio spiovente. Le tombe sono state rinvenute già tutte depredate dall’azione di clandestini. I pochi frammenti superstiti degli oggetti del corredo, composto da vasi figurati e manufatti in metallo, che consentono di datare la necropoli di Chiusa delle Grotte fra IV-III secolo a.C. e di metterla in relazione con un nucleo di Lucani qui insediati.

L’abitato di riferimento è forse ubicato più a monte, per via della presenza dei resti di un grande edificio. Ad oggi, tuttavia, l’insediamento risulta ancora solo parzialmente indagato.

L’insediamento dovette assumere una certa importanza in virtù della sua posizione, lungo la direttrice che da Elea/Velia conduceva al sito fortificato di Moio della Civitella. Dal punto di vista archeologico, il sito di Chiusa delle Grotte desta particolare interesse nel contesto cilentano, in quanto costituisce un particolare esempio di necropoli lucana.

L’area archeologica di Chiusa delle Grotte non è al momento accessibile ai visitatori.

Poco a monte dell’abitato di Vallo della Lucania è ubicata invece Massa, che preserva l’impianto tipico e l’architettura dei borghi del medio Cilento: dimore storiche costruite con la pietra del luogo si alternano a suggestive stradine e vicoletti che si incrociano in piccoli slarghi.

Evidenze storico-artistiche

Il centro di Vallo della Lucania sorge nel cuore del comprensorio cilentano, adagiandosi sul declivio occidentale del Monte Gelbison. In origine l’attuale capoluogo era suddiviso in due casali, Spio e Cornuti, separati da un torrente oggi coperto nel tratto corrispondente alla principale piazza cittadina, intitolata a Vittorio Emanuele II.

L’attuale aspetto urbano risente infatti degli importanti interventi ottocenteschi e novecenteschi, che hanno conferito ai due antichi casali una conformazione unitaria e moderna.

Situata nel cuore del tessuto urbano è la già menzionata Piazza Vittorio Emanuele. Progettata sul finire dell’Ottocento, la piazza è incorniciata da importanti edifici storici, ed ospita fra gli altri il palazzo Municipale e il Monumento ai Caduti. Elemento caratteristico dell’architettura della piazza è il grande porticato, composto da 39 colonne in pietra, progettato per offrire riparo alle periodiche attività mercatali che storicamente si svolgevano nello slargo.

A pochi passi da Piazza Vittorio Emanuele II sorge la chiesa di Santa Maria delle Grazie, che è parte integrante di un convento risalente alla fine del Quattrocento, sede per diversi secoli della confraternita domenicana di Vallo. Soltanto nell’Ottocento la chiesa entrò a far parte del patrimonio comunale, e fu quindi eretta a parrocchia.

La chiesa, il cui aspetto esterno è frutto dei numerosi interventi di restauro susseguitisi nel tempo, si articola in tre navate (al cui interno sono ricavate 8 cappelle gentilizie) coperte da un soffitto a cassettoni settecentesco; un basso campanile, che si sviluppa su tre livelli, completa il prospetto della facciata. Le decorazioni in stucco nell’interno della furono realizzate negli anni ’50 del secolo scorso.

La chiesa custodisce una serie di pregevoli manufatti artistici: fra questi spiccano una statua lignea della Madonna delle Grazie datata al 1571, una tela del 1515 raffigurante San Francesco di Paola e gli Angeli (attribuita al pittore lombardo Girolamo Santacroce) ed altre preziose tele di artisti del Rinascimento napoletano. Nella navata destra è conservato inoltre un prezioso polittico cinquecentesco di discussa paternità raffigurante scene della vita di Cristo.

Non lontano dalla piazza, ma sul versante opposto, sorge il più importante edificio di culto di Vallo, la cattedrale di San Pantaleone. La venerazione del santo orientale si spiega con la presenza nel territorio di Vallo di diversi cenobi di monaci basiliani, che diffusero questo e altri culti, come quello di Santa Veneranda.

L’edificio attuale fu costruito a partire dal 1700 in sostituzione di una chiesa precedente di dimensioni più ridotte, e divenne cattedrale nel 1851. L’elemento più caratteristico dell’esterno (che ha subito numerosi restauri) è la splendida cupola rivestita in piastrelle di maiolica. La chiesa si articola in una navata unica e due cappelloni laterali. Un alto campanile a quattro livelli completa il prospetto esterno della cattedrale.

Fra i manufatti d’arte conservati nella cattedrale, di particolare pregio è il grande organo tardo-settecentesco posto sul portale d’ingresso, realizzato dal noto organaro vallese Silverio Carelli. Di notevole qualità è una tela raffigurante i miracoli di San Pantaleone, del pittore Giuseppe De Mattia (1843), posta alle spalle dell’altare maggiore. Fra gli altri oggetti di rilievo si segnalano il reliquiario contenente il sangue del santo, preziosi crocefissi e un trono ligneo.

A breve distanza dalla piazza principale è situata Piazza dei Martiri, che anticamente era il nucleo centrale del casale di Spio, il cui assetto architettonico è frutto di un intervento della metà dell’Ottocento che la caratterizza come uno spazio di forma ellittica abbellito da un giardino. Al centro della piazza è ubicata una grande fontana a pianta ottagonale, decorata con quattro statue leonine, da cui deriva la denominazione di “Fontana dei Quattro Leoni”. La fontana fu progettata negli anni ’40 dell’Ottocento, e realizzata subito dopo a commemorazione dei caduti dei moti del 1848.

Nel territorio comunale di Pattano rientrano le frazioni Angellara, Massa e Pattano, la prima che si incontra percorrendo la SS 18 verso sud. Il piccolo centro si caratterizza per la pittoresca articolazione del tessuto abitativo, un reticolo di stradine e vicoli coperti ad arco che orbita intorno alla chiesa parrocchiale di Santa Maria, di impianto seicentesco

Il casale di Pattano sorse, con molta probabilità, intorno alla badia di S. Maria, della quale i documenti parlano a partire dal 993. La sua origine, tuttavia, è molto più antica e risale, verosimilmente, all’arrivo di monaci provenienti dall’Oriente in seguito i provvedimenti presi dall’imperatore di Bisanzio Leone III l’Isaurico nel 726 d. C. contro la venerazione delle immagini  e che causarono le lotte iconoclastiche. Forse prima della fase cenobitica i monaci vissero in una forma eremitica, come farebbe pensare il toponimo Grotte dei monaci, non lontano dal sito dell’abbazia dedicata a alla Vergine Hodigitria e al culto di San Filadelfo, monaco taumaturgo vissuto nella badia nel IX o X secolo, le cui spoglie mortali divennero oggetto di culto e meta di pellegrinaggioLa presenza di pellegrini, tra i quali molti infermi, determinò la nascita nel casale di Pattano di due hospitali, cioè ospizi destinati ad accogliere i forestieri.

Le vicende di Pattano seguono quelle dello Stato di Novi, del quale faceva parte, per essere infine aggregato al Comune di Vallo della Lucania.

Pattano deve la sua notorietà in primo luogo all’abbazia basiliana di Santa Maria, dedicata alla Vergine Odigitria (dal greco “colei che conduce”). La badia pattanese, infatti, rappresenta una delle più fulgide testimonianze del monachesimo bizantino in Italia meridionale.

La più antica menzione del complesso monastico nei documenti risale all’anno 993, e ciò lascia presupporre che essa fosse già esistente nell’VIII secolo. Il cenobio italo-greco visse il suo massimo splendore fra i secoli XI e XIV, nel corso dei quali acquisì cospicui possedimenti terrieri. Il declino dell’abbazia, invece, ebbe inizio dopo la visita da parte di una commissione voluta da papa Callisto III, intorno alla metà del Quattrocento, che rilevò la pessima gestione da parte degli abati ortodossi. Dopo la soppressione, avvenuta nel secolo successivo, la gestione e i relativi proventi furono affidati a vari abati commendatari, situazione che si protrasse fino all’epoca napoleonica.

Il complesso è composto da diversi edifici: la chiesa abbaziale di Santa Maria, la chiesa di San Filadelfo, un piccolo chiostro e resti di fabbriche funzionali alla vita del cenobio.

Fulcro del complesso monastico è la chiesa di Santa Maria, risalente ai secoli X-XI. L’edificio di culto appare oggi privo della copertura e quasi integralmente dei rivestimenti e delle decorazioni interne. Si conservano labili tracce di affreschi attribuibili alle diverse fasi di vita dell’abbazia. La chiesa è dotata di una torre campanaria base quadrata, articolata su cinque livelli.

Meglio conservato è l’apparato decorativo della chiesa minore, intitolata a San Filadelfo, il cui impianto originario risale all’incirca intorno all’anno Mille. L’edificio conserva infatti notevoli affreschi che decoravano la controfacciata (una Teoria di Santi) e l’abside (tre registri, dal basso verso l’alto: Santi VescoviVergine orante tra i dodici apostoliAscensione). Dalla chiesa di San Filadelfo, inoltre, proviene una notevole statua in legno (raffigurante forse il santo o un monaco ortodosso), un raro esempio di scultura lignea bizantina in Italia meridionale, oggi conservata presso il Museo Diocesano di Vallo della Lucania. Una passerella in vetro consente di osservare i resti di strutture termali di epoca romana e di tombe altomedievali rinvenute al di sotto del piano pavimentale.

Attualmente la fruizione del suggestivo complesso monastico si svolge attraverso visite guidate su prenotazione organizzate dall’Associazione “Badia di Pattano”; la visita è introdotta dalla proiezione di immagini relative al restauro del monumento, che avviene all’interno dell’antico frantoio della badia.

Fulcro del centro di Massa è la chiesa della Madonna della Vittoria, la cui costruzione iniziò nel 1588, in origine annessa ad un convento abitato dai Padri Cappuccini. La chiesa doveva essere inizialmente intitolata a Santa Maria della Concezione; poco dopo, tuttavia, le fu attribuita l’attuale titolatura con un riferimento celebrativo alla vittoriosa battaglia di Lepanto, avvenuta nel 1571.

L’attuale aspetto della chiesa è frutto di diversi interventi di restauro; di particolare interesse è il campanile, che si articola su una base a pianta quadrata sulla quale si succedono tre livelli a pianta ottagonale sormontati da una cuspide. L’interno della chiesa risente degli interventi di restauro tardi, sebbene si conservino in diversi punti della chiesa resti di affreschi relativi alla decorazione del primo impianto dell’edificio.

Link utili:  Sito web Chiesa della Madonna della Vittoria

Quasi contigua all’abitao di Vallo della Lucania è anche la frazione di Angellara che si caratterizza per le suggestive viuzze e passaggi coperti che attraversano il paese, sui quali si affacciano diverse dimore storiche e antichi portali.

Le principali testimonianze artistiche del centro di Angellara sono le due chiese, quella di Santa Veneranda e quella di Sant’Antonio.

Nella chiesa di Santa Veneranda, risalente al Quattrocento, di particolare interesse sono l’altare maggiore e quello dedicato alla Vergine, oltre ad una statua della santa che regge in corrispondenza del petto una teca contenente le reliquie.

Appena all’esterno dell’abitato è ubicata invece la settecentesca chiesa di Sant’Antonio, realizzata in uno stile tardo barocco.

Musei

Il Museo Diocesano di Vallo della Lucania espone la più importante collezione d’arte sacra del comprensorio cilentano. Ospitato al primo piano del Palazzo arcivescovile di Vallo della Lucania, il Museo fu istituito ufficialmente nel 1978 dal vescovo Mons. Giuseppe Casale.

L’istituzione del Museo fu tuttavia l’esito di un processo di raccolta e acquisizione di opere d’arte da parte della Curia vallese, avviato dal precedente vescovo, Mons. Biagio D’Agostino, figura particolarmente sensibile alla salvaguardia del patrimonio d’arte sacra della Diocesi.

La scelta di stabilire la sede del Museo a Vallo fu condivisa e caldeggiata anche dalla Soprintendenza di Salerno e Avellino, valorizzando la centralità e il ruolo aggregatore di Vallo della Lucania. La collezione museale registrò un significativo incremento in seguito al grave terremoto del 1980, quando fu necessario trovare una nuova sede a quei manufatti artistici a rischio conservati negli edifici di culto maggiormente danneggiati dal sisma.

La più importante e ricca sezione del Museo Diocesano è dedicata ai polittici, magistrali esempi d’arte pittorica ad olio su tavola provenienti da varie parrocchie della Diocesi: fra questi si segnalano i polittici da Laurino (Cristofaro Faffeo, 1482), da San Mauro Cilento (ignoto, Madonna del Rosario e misteri, XVI secolo) e in particolare da Torchiara, da cui proviene la splendida Trasfigurazione di Marco Pino da Siena (1577).

Di notevole valore artistico è anche il patrimonio delle tele, tutte databili fra il XVI e XVIII secolo, fra le quali spicca in particolare un San Gennaro attribuito al grande pittore serinese Francesco Solimena (metà del XVIII secolo).

Il Museo conserva anche una discreta collezione statuaria, il cui pezzo più noto è senz’altro un San Filadelfo in legno databile fra XI e XII secolo, proveniente dall’omonima chiesa compresa nel complesso abbaziale italo-greco di Pattano.

Notevoli i manufatti di artigianato artistico, come un cofanetto nuziale intarsiato in avorio da Laurino, prodotto della bottega fiorentina degli Embriachi, fra le più note dell’Italia centro-settentrionale nel corso del XV secolo, e il cosiddetto calice di San Silvestro, opera quattrocentesca in argento e smalto attribuito a Guidino di Guido da Siena proveniente dalla chiesa parrocchiale di Sacco.

Spiccano infine i numerosi crocefissi processionali, oggetti di arredo liturgico quali candelabri e paramenti di varia fattura.

Per la ricchezza, la varietà e la cura delle sue collezioni, il Museo Diocesano di Vallo della Lucania rappresenta una delle principali istituzioni museali del Cilento interno, e certamente uno dei punti di riferimento per l’arte sacra nella Provincia di Salerno.

Link utili:

Sito web Museo Diocesano di Vallo della Lucania

Patrimonio ambientale

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Strutture ricettive e ristorazione

Strutture ricettive Ristorazione

Feste religiose, Proloco, Eventi

Festività religiose

Festa patronale di Madonna delle Grazie - San Pantaleone
2 luglio - 27 luglio

Pro Loco

PRO LOCO GELBISON Angela Sabatino
Largo Calcinai
http://www.prolocogelbison.it
tel. 0974 714111